Il picco alle nostre spalle (ma lo sapevamo da un mese)
Di Maurizio Costantini
Il 21 febbraio, venerdì, mi raggiunge la telefonata di una mia vecchia amica, giornalista. “Maurizio, ma tu come la vedi questa storia del Coronavirus?” “Un’influenza, un po’ più cattiva.” “Si vede che non leggi i giornali. Sta per scoppiare l’apocalisse.”. Avevamo ragione entrambi, probabilmente.
Proprio quel giorno 14 persone a Codogno e 2 persone a Vo’ Euganeo, a distanza di 200 km le une dalle altre, risultano positive al test. Fino a quel momento sembrava una cosa ‘cinese’: i due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani e un italiano rimpatriato dalla Cina. Basta. Tre casi in tre settimane. Ma le cose non stavano così.
Nell’arco di 12 giorni compaiono casi in tutte le 20 regioni d’Italia, nei successivi 15 in tutte le 107 province o ex-province. Troppi casi, in troppo poco tempo, troppo distanti tra loro per essere solo una diffusione dai focolai originari. Forse il virus circolava già da un po’, da noi come in altri Paesi, e ora cominciava a manifestarsi.
La mia amica aveva correttamente inquadrato la situazione. Nell’arco di pochi giorni vengono prese misure eccezionali e l’11 marzo tutto il Paese viene messo in una sorta di coma farmacologico.
Ero disorientato, come molti. Quanto sarebbe durata l’ibernazione?
Il 14 marzo, un sabato, compro Il Sole 24 ore e trovo a pagina 10 quello che cercavo da giorni (in realtà era già uscito venerdì 13 sul Messaggero e su Il Giornale). (1) (2)
Il picco dei nuovi contagi giornalieri verrà raggiunto tra il 17 e il 18 di marzo.
Chi aveva fatto quella previsione e disegnato quella curva, sulla base dei dati disponibili alla data dell’8 di marzo, non era un esperto di epidemie, ma la Ragioneria generale dello Stato, per ottime e concrete ragioni di calcolo economico.
L’articolo del Giornale di venerdì 13 si concludeva così: “Gli effetti delle misure di contenimento più severe li vedremo solo tra 15 giorni. Stare a casa è obbligatorio, un obbligo categorico”, predica Walter Ricciardi, consigliere del Ministro della Salute.
Passano i giorni e la curva della Ragioneria si dimostra molto predittiva. Il picco dei contagi giornalieri viene raggiunto il 21 di marzo (3-4 giorni dopo la previsione). La stima è molto vicina ai numeri reali: 4.821 casi osservati, 4.350 casi previsti.
Perché questa previsione, molto ben calibrata, non è stata diffusa, discussa o contestata ed è stata invece sostanzialmente ignorata? Avrebbe potuto rassicurare molti di noi, dando una cornice temporale entro cui collocare questa esperienza non proprio facile da elaborare. Avrebbe dato un po’ di concretezza all’espressione ‘andrà tutto bene’ che ci piove addosso da ogni parte. Avrebbe ricollocato la pandemia al suo posto, accanto a tutte quelle che l’hanno preceduta e che la seguiranno: un evento certamente anche drammatico, ma che ha molto probabilmente una durata limitata nel tempo (per inciso, l’epidemia di HIV/AIDS non è mai terminata, si incrementa ogni anno di circa 1,7 milioni di nuovi casi, determina la morte di circa 770mila persone all’anno e tiene ammalate circa 38 milioni di persone in tutto il mondo). (3)
Aggiungo due osservazioni.
La prima è che la curva reale, sostanzialmente sovrapponibile alla fase ascendente della previsione, sembra poco influenzata dalle misure prese dopo l’11 marzo (dal lockdown completo insomma), almeno per quanto riguarda la data di raggiungimento del picco.
La seconda è che gli effetti di queste misure, se pure ci sono stati, si sono manifestati prima di quanto previsto. In altre parole, la Ragioneria sembra essere stata più ottimista (e predittiva) del Governo.
Torniamo al punto di partenza. Questa pandemia è un’influenza un poco più cattiva e, allo stesso tempo, un’apocalisse?
Non ho una risposta a questa domanda, ma credo ci sia una sproporzione tra il fatto (la pandemia) e la percezione del fatto (come lo stiamo vivendo), a sua volta condizionata dalla rappresentazione del fatto (come viene raccontato).
“I miei contatti oltremanica e le notizie che leggevo sui siti della BBC e del The Guardian, riportavano il coronavirus in maniera neutrale. Mentre qui il tono dell’informazione e i dati pubblicati tendevano in maniera esponenziale alla tragedia, aumentando ogni ora il numero dei contagi e dei morti, provocando ansia e apprensione nel pubblico” (da un’intervista ad Anna Castriota, docente di Politics and Terrorism all’Università di Oxford) (4)
3) https://www.cdc.gov/hiv/statistics/overview/index.html.
4) «Covid-19, un virus che potrebbe cambiare le nostre democrazie» – 8 aprile 2020: https://www.altroquotidiano.it/intervista-anna-castriota-docente-alluniversita-di-oxford-covid-19-un-virus-che-potrebbe-cambiare-le-nostre-democrazie/.
Maurizio Costantini è medico ospedaliero; ha 61 anni e vive a Siena