Radicalizzare la quarantena

In un contatto – rigorosamente digitale – di questi giorni, un corpo amico in quarantena mi ha confidato una paura nuova, scaturita da questa condizione di isolamento: paura di avere un proprio tempo non più pubblico, senza compiti definiti, a difesa della propria incolumità, in qualche modo più libero ma, proprio per questo, inquietante. Condivido questa inquietudine, come credo molti di noi, e a partire da essa, consapevoli che potremmo essere approssimativi e poco lucidi, possiamo porci alcune domande sulla nostra condizione, sapendo che potrebbero rimanere senza risposta, così come i tracciati che apriremo senza poterli percorrere fino in fondo. Eviteremo le discussioni su non troppo definiti stati di eccezione, questioni mediche et similia, chiedendoci da dove proviene questo nuovo modo di vivere, di cui prendiamo atto, e se ci mostra qualcosa.

Leggi il seguito

Sulla corona (del soldato)

È certamente rischioso in queste ore, mentre la situazione evolve ancora a ritmo rapidissimo e gli animi di tutti sono così dolorosamente gravati, lanciarsi in considerazioni incerte sul modo in cui stiamo reagendo di fronte alla nuova pandemia. Mi metto però a farlo, spero ben conscio dei miei limiti e delle mie ignoranze, perché a colpirmi è anzitutto una cosa: il totale, monolitico, mi domando se poco ragionato assenso della gran parte di noi alle misure prese dal Governo e dal Presidente del Consiglio. Ho come la sensazione che di fronte all’emergenza la nostra capacità di ragionare si sia azzerata: ci limitiamo ad ubbidire passivamente, terrorizzati all’idea che la malattia possa cogliere noi o i nostri cari, incapaci di mettere in discussione quell’opinione che, lo diamo per scontato, è migliore della nostra in q…

Leggi il seguito