Caminante, no hay camino. . .

Domani, 4 maggio, avrà fine la cosiddetta “fase 1”, e avrà invece inizio la tanto agognata “fase 2”. Con la fine della “fase 1”, è giunto il momento di fare un primo bilancio di ciò che L’antivirus è stato; e ancor di più, di rivolgerci al futuro, di riflettere su ciò che L’antivirus potrà, nei prossimi mesi, diventare. Quando, il 6 aprile scorso, L’antivirus incominciava la propria attività, fondamentalmente due erano gli obiettivi che esso si prefiggeva: da un lato, quello di far nascere un dialogo aperto, approfondito e intergenerazionale intorno alla crisi coronavirus; e dall’altro, quello di coagulare un gruppo che alle conseguenze di tale crisi potesse, un giorno, nel proprio piccolo rispondere

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Il corpo e il rischio

La chiave di lettura dell’attuale quotidianità si pone sotto il segno del “distanziamento sociale”, concetto che ha completamente mutato l’assetto dei rapporti sociali in nome del rischio. Ma esattamente, in cosa consiste questo rischio, e quali sono le sue implicazioni? Questa riflessione nasce alla luce di quanto accaduto negli Stati Uniti, dove i corpi di persone defunte a causa del covid-19 sono stati chiusi, nel più totale anonimato, dentro casse di legno,

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Giù, sulla via maestra della città

Secondo la tradizione il Buddha, in giovinezza, crebbe nelle stanze del palazzo paterno, avvezzo a ogni piacere. Un giorno, però, spinto dal desiderio di conoscere il mondo, chiese a suo padre di scendere in città. Il re, temendo che ne fosse turbato, diede ordine di sgomberare la via maestra, di scacciare storpi e accattoni perché il figlio non li vedesse. Ma gli dei, per spronare il principe, gli misero sotto gli occhi tre uomini: un vecchio, un malato e, infine, un morto. Solo dopo aver ricordato la sofferenza e la caducità che sono alla radice del mondo, il figlio del re decise, una notte, di fuggire dal padre e dal suo splendido e fasullo palazzo.

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Autocertificazione Standard

Tra il 1982 ed il 2015, lo Stato italiano ha portato avanti una campagna di sterilizzazione coercitiva di massa contro le persone trans. Per quarant’anni, per poter rettificare i propri documenti e poter avere il proprio genere riconosciuto ufficialmente, le persone trans si sono dovute sottoporre ad una sterilizzazione chirurgica completa. Dal 2015 non siamo più costretti alla sterilizzazione forzata, ma le condizioni di riconoscimento di una persona trans in quanto tale continuano ad essere

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Una crisi senza precedenti

Mentre la crisi sanitaria del Covid19 si fa più intensa, appare sempre più chiaro che il collasso della produzione globale probabilmente supererà quello di qualsiasi recessione degli ultimi 150 anni – cioè dell’intera storia del capitalismo. L’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) stima che la crisi porterà alla distruzione di 195 milioni posti di lavoro. Quindi, dopo aver analizzato l’epidemiologia della pandemia da Covid19, l’attenzione dei media ora è sempre più focalizzata su come

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Il grande ritorno al nuovo mondo

L’immagine della Nave nella quale stiamo navigando tutti rimane un archetipo catartico per l’umanità. Mi piace molto immaginarci tutti in viaggio in questa quarantena – anche mentale e spirituale- che, dopo essere salpati, ci riserva l’ansia e l’attesa dell’approdo.
Ma potremmo avere delle sorprese, belle o brutte. Potremmo giungere nuovamente al porto di partenza e camminare in mezzo alle macerie oppure potremmo sbarcare nella Terra Promessa

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Per un’esistenza condivisa

Ovunque io mi giri il messaggio è chiaro: quale periodo migliore per riprendere quel vecchio progetto abbandonato che siamo noi stessi? Forse avevo una scusa quando il lavoro riempiva le mie giornate, ma ora che quell’alibi non c’è più dovrei davvero usare questo tempo per migliorarmi. In una società che si esalta per aver permesso a tutti di partecipare, perché non partecipare anche al proprio sfruttamento? The time is now. Del resto, non è più la mia forza

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Il virus e l’Europa. Intervista ad Angelo Bolaffi

Nell’intervista “Il virus e l’Europa” Angelo Bolaffi ragiona da un lato sulle ragioni per cui l’Europa, almeno ad oggi, si è mostrata disunita nel fronteggiare la crisi coronavirus; e dall’altro, sulle differenze fra il lockdown tedesco e quello italiano, e sui limiti che una politica di lockdown necessariamente presenta.

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#iononrestoacasa

La desolazione delle città di tutto il mondo è stata raccontata attraverso discorsi dai toni foschi e immagini impressionanti. Ci siamo trovati il vuoto e la stasi laddove meno ce lo saremmo aspettato (piazze, strade, stazioni); spettatori inerti, chiusi in casa a contemplare questo spettacolo post-apocalittico con una crescente sensazione di eerieness. Al riparo dal virus tra le quattro mura domestiche, non possiamo però sfuggire alla narrazione velenosa della pandemia-quarantena come “guerra”, ai toni concitati, ai continui allarmi – né tantomeno contrastarla efficacemente. Ma nel generale ribaltamento del mondo, una prospettiva alternativa, uno sguardo autonomo e “immune”, arriva, anche qui, da dove forse non ci saremmo mai aspettati.

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Prevedibile e imprevedibile

Questa pandemia – guerra, calamità, crisi, sospensione, catastrofe? – ha spiazzato tutti. Sento dire: «era inattesa, apparteneva all’ordine dell’impensabile, del non immaginabile. Nessuno poteva prevederla, almeno in queste forme». Sgomento, orrore, terrore, angoscia dinnanzi a quanto di più inquietante e più perturbante poteva accadere sono del tutto giustificati, comprensibili; così come si può comprendere la difficoltà a capire, a intervenire, a combattere il virus. In questa autoassoluzione però si tende ad abbracciare anche il passato e si finisce per concludere che nessuno ha la responsabilità per quello che è accaduto. L’imprevedibilità diventa un alibi per evitare di capire quanto è successo finora e anche per evitare scelte di domani. Ma quanto è accaduto era davvero imprevedibile?

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