Il Grande Ritorno al Nuovo Mondo

di Stefano Panunzi

 

L’immagine della Nave nella quale stiamo navigando tutti rimane un archetipo catartico per l’umanità. Mi piace molto immaginarci tutti in viaggio in questa quarantena – anche mentale e spirituale- che, dopo essere salpati, ci riserva l’ansia e l’attesa dell’approdo.

Ma potremmo avere delle sorprese, belle o brutte.  Potremmo giungere nuovamente al porto di partenza e camminare in mezzo alle macerie oppure potremmo sbarcare nella Terra Promessa del Nuovo Mondo. Forse la salvezza non è divisa e irraggiungibile tra questi due estremi, ma è nel mezzo, durante questo viaggio nel quale dobbiamo avere il coraggio tutti insieme di desiderare un Nuovo Mondo. In questo modo potremmo sbarcare nell’unico porto reale, quello dal quale siamo salpati e dove sempre torneremo, ma stavolta scenderemo a terra con nuovi occhi per vedere quelle macerie come un ostacolo finalmente rimosso.

Credo che il Nuovo Mondo sia dentro di noi – come diceva Tucidide: «la Città è dentro di noi» – siamo noi a non avere il coraggio fino in fondo di realizzarlo. Forse grava ancora su di noi la cacciata del Signore dalla Torre di Babele, ma ormai abbiamo imparato quella lezione: ci siamo sparsi per il mondo parlando diverse lingue, abbiamo costruito migliaia di città invece che una sola torre, possiamo finalmente comunicare con tutti in lingue diverse grazie alla Rete. Se non ora, quando possiamo costruire la Città nella quale abitare tutti felici e in pace? Spero che l’umanità possa cogliere questo nuovo messaggio biblico che può spiegarci molte cose. Ripeto: se non ora quando?

L’antropizzazione del territorio è generata da un’ancestrale quanto legittima pulsione, tesa ad accelerare i tempi di procacciamento della salute e della felicità. La moltiplicazione ed il deperimento di tutti i sistemi bio-meccanici che concorrono in questo procacciamento accelerato generano attriti e interferenze letali per molti, ma non per tutti. Questa pulsione predatoria costringe ad un vero e proprio sacrificio di sistemi viventi come prezzo da pagare per la salute e la felicità. Un irriducibile primordiale rito sacrificale che è stato continuamente esorcizzato, modificato, mimetizzato, nascosto. Non è paradossale se siamo giunti a cronicizzare stragi di sistemi viventi proprio mentre desideriamo l’eliminazione totale del senso di colpa di questo prezzo da pagare. Ma la nostra vulnerabilità nasce da un sogno di modernità che si è progressivamente trasformato in un incubo.

 

«L’ annullamento di ogni vitalità grava minaccioso sulla grandiosa metropoli imprevista. Come imprevista è la macchina che l’ha costruita e la fa funzionare»[1]

 

Il IV Congresso Internazionale Architettura Moderna si svolse su una nave (la Patris II) che partì da Marsiglia il 29 Luglio 1933 e approdò il 13 Agosto ad Atene. Una vera e propria quarantena intellettuale (durò ben due settimane), alla quale parteciparono i più famosi architetti e urbanisti del momento nel mondo. Durante quel viaggio scrissero “la Carta di Atene”, che doveva stabilire le regole del sogno di un Mondo Moderno.

Ma appena due settimane prima che la nave salpasse, la Germania aveva promulgato la prima delle leggi razziali, quella sulla protezione dei caratteri ereditari della razza e l’aborto eugenetico.

La Carta di Atene fu pubblicata in francese da Le Corbusier solo nel ’38, quando iniziò a ruota anche l’imitazione fascista con la prima delle sue leggi razziali il 5 settembre 1938.

Ma questa Carta diventò realmente la Bibbia della Ricostruzione pubblicata progressivamente in tutte le lingue dal ’43 al ’60. Quindi quel sogno di Nuovo Mondo nacque nell’inferno delle dittature, ma trovò comunque strumenti attuativi reali solo dopo la tempesta distruttiva della Guerra che sembrò spazzare via anche il Vecchio Mondo. Ma forse tutto è stato troppo facile, infatti se la densità e la concentrazione sono ecologiche, lo sfruttamento selvaggio del suolo è stato mortale, se ancora la velocità degli spostamenti è inebriante, allora seppellirci di auto e petrolio è stato mortale. Infinita sarebbe la lista di trappole mortali che abbiamo disseminato e che ora scattano per noi, sempre per la stesso meccanismo perverso: bulimia e abitudine. Superata la soglia della necessità, non basta mai. Ora, come per magia, la ridicola frase “fermate il mondo che voglio scendere” sembra essersi avverata, il risveglio brusco dal sonno è avvenuto, ancora per poco possiamo avere lo sguardo dello straniero in casa propria, un vero lusso rigenerativo.

Dobbiamo riaccendere sia la luce dell’immaginario che ha generato l’urbanesimo, sia quella luce che monti e campagne delle aree interne non hanno mai avuto, perché comunque sempre segnate dall’ombra ancestrale della fatica e delle privazioni. Se non ora quando, la salvezza sarà in un vero abbraccio tra città e natura come non c’è mai stato.

Se saremo saggi potremo assistere a miracolose migrazioni incrociate per un new deal tra aree metropolitane ed aree interne. Grandiosa sarà la bonifica delle croste urbane perché saranno i contadini a salvare le città dalle due emergenze sistemiche della salute e dell’ambiente.

Commovente sarà la rigenerazione delle aree interne perché saranno i cittadini a riconoscere e riconciliare il lavoro e l’economia di quei luoghi sempre più abbandonati. Adesso dobbiamo pensarci, adesso dobbiamo prepararci, adesso dobbiamo confrontarci ed aiutare chi ci aveva pensato.

Rivestiamo i milioni di edifici di periferia con esoscheletri abitabili, autentiche infrastrutture di salvezza, verdi, eco-sistemici, antisismici, colleghiamo i tetti dei palazzi con passerelle per costruirci villaggi produttivi, fab-labs, serre, orti e giardini, sui quali potremo volare e atterrare con silenziose funivie, eliminiamo l’inutile asfalto dei parcheggi sostituendolo con prato carrabile. Quelle aree interstiziali urbane rimaste libere dal costruito, preziose per aree e percorsi emergenziali protetti nei piani della protezione civile, saldiamole con il potenziale eco-sistemico che potrebbero svolgere nella salute quotidiana grazie alle reti ecologiche urbane. Non prendiamoci in giro con le ricostruzioni del “dov’era, com’era” chiudendo i terremotati per anni in baracche provvisorie, ma diamogli subito la chance di inventare un nuovo inizio con villaggi costruiti da stampanti 3d alimentate da pannelli fotovoltaici, che modellano terra cruda presa sul posto, impastata con la paglia dei contadini locali. Evitiamo di dormire nelle aree a rischio sismico, che paradossalmente corrispondono già in maggioranza alle aree che di notte non brillano di quella brace elettrica che accende le aree più urbanizzate. Piuttosto andiamo a lavorare, ad amare e manutenere quella campagna e quella montagna che insieme ci salveranno. La scienza sta dimostrando che la salute del sistema immunitario è un prato con degli alberi ad un quarto d’ora da casa. Non esiste solo lo spazio, anzi il tempo è superiore allo spazio. Non esiste solo il pericolo reale della morte, anche l’immaginario ha spostato popolazioni intere. Non esiste solo la tecnologia o l’economia, il linguaggio è lo strumento più potente che l’umanità abbia saputo inventare da sempre. Scriviamoci, leggiamoci, parliamoci, non sprechiamo questo viaggio, l’approdo si avvicina.

Un abbraccio dall’Arca, in viaggio per il Grande Ritorno al Nuovo Mondo.

 

 

Stefano Panunzi è professore di progettazione architettonica e urbana; ha 61 anni e vive a Roma.

 



[1] Adriano Olivetti, Noi sogniamo il silenzio, VI Congresso dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, Torino, 1956

4 pensieri riguardo “Il grande ritorno al nuovo mondo

  • 25/04/2020 in 3:43 pm
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    Huao! Se lo hai o non lo hai scritto tu,dimmelo. Cmq è una proposta seria di vita nuova. Vedere il mondo con spirito e mente rinnovati! Bisogna ammetterlo, il Covi ci ha dato una bella scossa per decidere di cambiare e approfondire le scelte della nostra vita. Merita rifletterci e non petderetempo. Sarà un nuovo mondo!

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  • 25/04/2020 in 4:18 pm
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    Grazie. Ogni parola é densa di contenuto ed esperienza. Ed inoltre di un sogno, che condivido…Ci è stata offerta una grande opportunità: Fermarci. E riflettere. Occorre coglierla. L’uomo recupera i suoi grandi valori di cui é può divenire migliore!

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  • 25/04/2020 in 4:36 pm
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    Grazie per le tue preziose e interessanti riflessioni e proposte ☺

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  • 25/04/2020 in 6:25 pm
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    Se in questo mondo gli immaginifici abbassassero la guardia non appreremmo i sogni e le visioni… L’utopia è sempre figlia del futuro ma come l’acqua corrode e si infila lentamente dovunque e diventa realtà concreta… La sua utilità dipende anche da Noi.
    Un abbraccio

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