La vita al centro. Appunti per una politica dei saperi

In tempi di solitudine e reclusione forzata, assistiamo, da studenti, alla manifestazione del lato più mortifero dell’organizzazione dell’università, che trova nella didattica frontale il suo epigono. Mortifero e mortificante è stare davanti ad un PC ad ascoltare per ore lezioni che, adesso, si mostrano nella loro natura di soliloqui autoreferenziali. E il sapere istituzionalizzato appare d’un colpo un sapere impersonale e passivante, un qualcosa che sembra

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Il mondo danza con le note del virus

Una storica della musica, una b-girl, un direttore d’orchestra, una violinista e una pianista jazz discutono insieme della situazione in cui versano oggi musicisti, ballerini e operatori sportivi. Quali misure sono state messe in campo dal Governo? È possibile pensare la musica e la danza nel contesto del distanziamento sociale? Ed è vero, come spesso si dice, che musica, danza e sport sono, rispetto alla salute, superflui e inessenziali?

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Salvini, la ministra, Google e il Papa

I motivi per parlare di scuola e di didattica sono sempre numerosi, ma quelli per tacere generalmente sono in netta maggioranza. Questa mia convinzione aveva vacillato già qualche giorno fa, quando la ministra dell’istruzione aveva dato prova dell’incapacità di comunicare nella propria lingua madre1 e Salvini aveva pubblicato un post in cui poneva il problema dell’accesso all’istruzione per tutti e tutte proponendo, come in Spagna, una programmazione didattica nazionale via tv.

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“In mezzo a queste quattro mura scolastiche”

Nel recente dibattito sulla scuola, sorto nel clima surreale che stiamo tutti vivendo con apprensione in questi giorni di Coronavirus, ho visto con preoccupazione rispuntare – dopo le stagioni della “scuola delle tre i” (2008) di berlusconiana memoria (impresa/informatica/inglese) e della “buona scuola” del governo Renzi, col suo Piano Nazionale Scuola Digitale (2015) – il mito dell’informatica

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Il fixing del contagio

La nuova chiusura di Wuhan ci conferma che il virus non si sradica, ma si mitiga, come ci spiegava Tomas Pueyo nel saggio più lucido ed esemplificativo di questa tragica stagione. L’obiettivo, scrive Pueyo, è quello di appiattire la gobba, per rendere gestibile e non più emergenziale la risposta sanitaria. Se questa è la prospettiva, ulteriormente allungata da quanto ci ha detto il Ministro della Sanità Speranza, che ci avverte che per l’arrivo del vaccino dovremo attendere nel migliore dei casi un anno, allora dovremo attrezzarci a convivere socialmente con la pandemia. Tutto dipenderà dal cosiddetto R0, erre con zero, che è l’indicatore che misura la contagiosità di un singolo portatore del contagio, anche se asintomatico. 

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