Caminante, no hay camino. . .

Domani, 4 maggio, avrà fine la cosiddetta “fase 1”, e avrà invece inizio la tanto agognata “fase 2”. Con la fine della “fase 1”, è giunto il momento di fare un primo bilancio di ciò che L’antivirus è stato; e ancor di più, di rivolgerci al futuro, di riflettere su ciò che L’antivirus potrà, nei prossimi mesi, diventare. Quando, il 6 aprile scorso, L’antivirus incominciava la propria attività, fondamentalmente due erano gli obiettivi che esso si prefiggeva: da un lato, quello di far nascere un dialogo aperto, approfondito e intergenerazionale intorno alla crisi coronavirus; e dall’altro, quello di coagulare un gruppo che alle conseguenze di tale crisi potesse, un giorno, nel proprio piccolo rispondere

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Giù, sulla via maestra della città

Secondo la tradizione il Buddha, in giovinezza, crebbe nelle stanze del palazzo paterno, avvezzo a ogni piacere. Un giorno, però, spinto dal desiderio di conoscere il mondo, chiese a suo padre di scendere in città. Il re, temendo che ne fosse turbato, diede ordine di sgomberare la via maestra, di scacciare storpi e accattoni perché il figlio non li vedesse. Ma gli dei, per spronare il principe, gli misero sotto gli occhi tre uomini: un vecchio, un malato e, infine, un morto. Solo dopo aver ricordato la sofferenza e la caducità che sono alla radice del mondo, il figlio del re decise, una notte, di fuggire dal padre e dal suo splendido e fasullo palazzo.

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Per un Ritorno al Futuro

Dopo il Covid-19, gli effetti della crisi climatica – sistematicamente ignorata dalle istituzioni – rischiano di farci precipitare in un’emergenza ancora peggiore di questa. Ma c’è una soluzione: le strategie per contrastare il cambiamento climatico risolverebbero al tempo stesso molti problemi sociali contro i quali si combatte da decenni, oltre a prevenire nuovi rischi sanitari. Lo sentite? Il treno ha fischiatob All’improvviso ci siamo ritrovati confinati

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Elaborare la crisi

Elaborare la crisi La riconfigurazione delle relazioni come antidoto al disastro di Anna e Francesca Argirò In questi giorni, chi legge cerca nei libri, negli articoli di giornale, nei post sui social, un conforto, una risposta, una prospettiva. Quel punto nella pagina in cui, alla descrizione dei fatti, al rammarico per le vittime, alle tristi previsioni, fanno seguito poche righe

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Il grande ritorno al nuovo mondo

L’immagine della Nave nella quale stiamo navigando tutti rimane un archetipo catartico per l’umanità. Mi piace molto immaginarci tutti in viaggio in questa quarantena – anche mentale e spirituale- che, dopo essere salpati, ci riserva l’ansia e l’attesa dell’approdo.
Ma potremmo avere delle sorprese, belle o brutte. Potremmo giungere nuovamente al porto di partenza e camminare in mezzo alle macerie oppure potremmo sbarcare nella Terra Promessa

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La quarantena dell’attore: una telefonata a Beatrice Schiros

È un periodo imprevedibile per i lavoratori dello spettacolo.
Si sono visti cancellare date, tournée, progetti, contratti, stipendi. Un grande punto di domanda ha suonato alle loro porte ed è rimasto
a convivere con ciascuno.
Ma sembra intravedersi una certezza: Non piangersi addosso.
Non potersi permettere di adagiarsi nel clima di catastrofe.

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Abitare il Coronavirus

La situazione che si è venuta a creare con il coronavirus spinge a riflettere sulle condizioni in cui abitiamo le nostre città, e più in generale su come queste sono organizzate e come la vita di relazione ci costituisce in quanto persone. Una delle prime cose che l’esperienza che stiamo vivendo col coronavirus evidenzia è l’esistenza ed il rafforzamento delle disuguaglianze

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“In mezzo a queste quattro mura scolastiche”

Nel recente dibattito sulla scuola, sorto nel clima surreale che stiamo tutti vivendo con apprensione in questi giorni di Coronavirus, ho visto con preoccupazione rispuntare – dopo le stagioni della “scuola delle tre i” (2008) di berlusconiana memoria (impresa/informatica/inglese) e della “buona scuola” del governo Renzi, col suo Piano Nazionale Scuola Digitale (2015) – il mito dell’informatica

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