Per un Ritorno al Futuro

di Filippo Sotgiu

 

Dopo il Covid-19, gli effetti della crisi climatica – sistematicamente ignorata dalle istituzioni – rischiano di farci precipitare in un’emergenza ancora peggiore di questa. Ma c’è una soluzione: le strategie per contrastare il cambiamento climatico risolverebbero al tempo stesso molti problemi sociali contro i quali si combatte da decenni, oltre a prevenire nuovi rischi sanitari.

 

Lo sentite? Il treno ha fischiato

All’improvviso ci siamo ritrovati confinati nelle nostre case, isolati e angosciati, senza sapere quando questa pandemia avrà termine. Non sappiamo quando potremo tornare alla nostra vita, in aula o al lavoro. E peggio, non sappiamo se il lavoro su cui facevamo conto prima della pandemia lo avremo ancora, domani. Secondo il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz stiamo andando incontro ad una crisi economica ben peggiore di quella del 20081. Forse ci siamo resi conto di cosa voglia dire “vivere in un’emergenza”. I bollettini serali ci hanno abituato a notizie tragiche, ogni giorno, finché non abbiamo cominciato a considerarle normali. Abbiamo paura ad uscire di casa, abbiamo paura ad avvicinarci l’uno con l’altro, abbiamo paura del futuro, perché per la prima volta ci rendiamo conto che non solo non siamo in grado di controllarlo, ma che si prospetta molto, molto più cupo di quanto avevamo potuto immaginare finora.

In verità, quella del Covid-19 potrebbe essere solo la prima di una lunga serie di emergenze. Crisi economiche, certo, come quella causata dalla pandemia, o come quella che potrebbe presto scatenarsi quando la grande bolla finanziaria del carbonio “esploderà”, cancellando dai mille ai quattromila miliardi di dollari dal sistema economico globale2. Ma parliamo anche di crisi umanitarie: già oggi molti di quelli che definiamo “migranti economici” sono di fatto migranti climatici, che scappano a causa della siccità e delle stagioni impazzite che distruggono i raccolti, o perché inondazioni, incendi, alluvioni e altri eventi meteorologici estremi hanno distrutto la loro casa. Entro il 2050 il numero di questi migranti potrebbe aumentare vertiginosamente, fino a raggiungere 200 milioni di persone3. Con una tale quantità di persone in più – allora sì – diventerà davvero difficilissimo assicurare condizioni di vita dignitose ad ogni abitante dei paesi europei. E come se non bastasse, nuove crisi sanitarie diventeranno sempre più probabili. Diverse sono le ragioni: la tropicalizzazione del nostro clima permetterà a malattie ormai dimenticate alle nostre latitudini, come ad esempio la malaria, di tornare a diffondersi spontaneamente, a causa della migrazione degli insetti che trasportano i patogeni4. E la fusione dei ghiacci – non soltanto del permafrost o delle banchise polari, ma anche dei ghiacciai sulle nostre Alpi – potrebbe potenzialmente liberare decine di patogeni antichi, come il vaiolo o l’antrace, o completamente sconosciuti5.

Viene allora spontaneo chiedersi: perché parliamo solo al futuro? Tutto questo non potrebbe essere già successo? La stessa crisi sanitaria che stiamo vivendo oggi, quella del Covid-19, non potrebbe essere anch’essa legata all’emergenza ecologica? In effetti, molti studi lo sostengono, per quanto in questo caso non siano probabilmente coinvolti né i ghiacciai né le zanzare venute dai tropici. Sappiamo infatti da innumerevoli ricerche che il Coronavirus ci è stato trasmesso da un animale. Il pipistrello è il candidato più probabile, ma si sospetta che in realtà esista un ospite intermedio, forse il pangolino, attraverso cui il virus è passato prima di effettuare lo spillover, ovvero il “salto di specie”. In generale, sappiamo che la continua devastazione degli spazi naturali – ad esempio la distruzione delle foreste – costringe molti animali selvatici, portatori di malattie pericolose per l’uomo, a trovarsi a convivere a stretto contatto con noi, e questo aumenta naturalmente la possibilità che si verifichi il salto di specie6.

La probabilità che la crisi ecologica abbia avuto un ruolo generare questa pandemia è talmente alta che lo scrittore David Quammen, nel suo libro Spillover del 2012, aveva previsto sulla base dei dati scientifici allora a disposizione che una grande pandemia sarebbe stata causata da un virus zoonotico (di origine animale), probabilmente proveniente dai pipistrelli, probabilmente passando prima per un ospite intermedio, probabilmente “saltando” poi all’uomo in un mercato cittadino della Cina meridionale. Insomma, non abbiamo la totale certezza che la crisi ecologica sia la causa del Coronavirus, ma possiamo dire che, comunque, è “probabile”7.  In ogni caso, anche se il salto di specie del SARS-CoV-2 non avesse nulla a che fare con l’attività antropica, questo non renderebbe più bassa la probabilità che una nuova malattia sconosciuta, fra qualche anno, si diffonda causando una nuova pandemia. Il rischio di nuove crisi sanitarie, di nuove epidemie e quarantene, come si può vedere, rimane molto alto. Quanto alto, di fatto, dipende solo da noi.

Certo, la crisi climatica non è l’unica causa di tutti i mali del mondo. Esistono altri elementi che influiscono sull’insorgenza di epidemie, così come esistono tanti altri fattori che causano le migrazioni, le crisi economiche, le guerre. Tuttavia, in questo momento, i dati indicano il collasso climatico come la più grande causa comune di tutte queste crisi, oltre che – vale sempre la pena ricordarlo – la maggiore minaccia alla sopravvivenza del genere umano che ci troviamo oggi a (non) fronteggiare. Affrontare questa emergenza vuol dire in primo luogo scongiurare l’avvento di nuove crisi. E’ ciò che noi abbiamo in mente quando parliamo di “Ritorno al Futuro” – come si chiama la nostra campagna (https://ritornoalfuturo.org/la-campagna) per una rinascita equa che sia il primo passo verso la transizione ecologica –: vogliamo poter tornare a pensare di aver davanti una vita vivibile, la prospettiva di un Futuro, se non migliore, quantomeno non più disastroso del nostro presente.

Ma sconfiggere la crisi climatica vorrebbe dire molto di più di questo. Analizzando le proposte dei maggiori esperti del mondo scientifico per fronteggiare il problema del riscaldamento globale è facile rendersi conto di una cosa: implementare queste soluzioni vorrebbe dire risolvere una grandissima quantità di altri problemi che affliggono l’umanità, vorrebbe dire vincere una moltitudine di lotte che combattiamo senza successo da decine e decine di anni. Agire per fermare la catastrofe non significherebbe solo fermare la catastrofe, ma costruire un mondo completamente nuovo, di gran lunga migliore di quello che potevamo sperare prima della crisi del coronavirus.

Alcuni esempi: prendiamo come riferimento Project Drawdown, lo studio condotto da un team di accademici, scienziati ed imprenditori che raccoglie le 100 soluzioni più efficaci contro il cambiamento climatico, e consideriamo lo scenario in cui gli sforzi dei governi siano tali da mantenere il riscaldamento globale entro la fatidica soglia di 1,5 gradi rispetto all’era pre-industriale8. Ai primi posti ci sono l’energia eolica e quella solare, come ci si potrebbe aspettare. Ma al terzo posto troviamo la riduzione degli sprechi di cibo, e al quarto l’adozione di una dieta prevalentemente vegetale. Qui le cose si fanno già più interessanti: secondo uno studio della rivista The Lancet, adottare in tutto il mondo una dieta a base vegetale – praticamente la dieta mediterranea – e dimezzare gli sprechi di cibo assicurerebbe un sistema alimentare in grado di dar da mangiare a tutti, nessuno escluso; di eliminare l’obesità e le malattie ad essa connesse; di fermare la perdita di biodiversità e di proteggere gli ecosistemi – ad esempio le foreste – che vengono oggi distrutti per lasciar spazio a allevamenti intensivi e monocolture. La quinta soluzione in ordine di riduzione di emissioni è “salute ed educazione” e fa leva in particolare su due aspetti: l’educazione femminile e il family planning nei paesi più poveri. In pratica, rendere le donne libere di decidere per la propria vita in tutto il mondo è una condizione necessaria per fermare la crisi climatica.

È soltanto un piccolissimo estratto della nostra lista di cose da fare per evitare il collasso, ma già si intuisce la profonda verità rivelataci dalla scienza: non abbiamo una “terza strada”, non esiste una via di mezzo tra la rovina del genere umano e la costruzione di un futuro radioso: possiamo scegliere di tornare al sistema che abbiamo lasciato con questa pandemia, di tornare al business as usual, e allora avremo scelto di attendere passivamente la prossima crisi, che sarà più devastante di questa, e poi un’altra ancora, finché, per aver troppo temuto di abbandonare la normalità con le sue ingiustizie e i suoi errori, arriveremo a non avere più memoria di cosa significhi “normalità”. Oppure possiamo decidere che vogliamo continuare a vivere. Scegliere questo momento di grande dolore come punto di svolta, come una notte dopo la quale arriva una nuova alba.

Ormai la parola “ricostruzione” è sulla bocca di tutti. Lo era già prima che la crisi sanitaria assumesse le proporzioni drammatiche che tutti ben conosciamo. Apparentemente è un’idea condivisa da tutto l’arco costituzionale: quando il peggio sarà passato, sarà necessario uno sforzo enorme da parte dei governi nazionali e sovranazionali per imprimere un nuovo slancio all’economia. Sembra quindi sensato pensare che, fra qualche mese, forze paragonabili a movimenti tellurici scuoteranno l’economia, somme ingenti di denaro verranno spostate e misure mai osate prima verranno messe in pratica, probabilmente per la prima e ultima volta in molti anni, forse decenni.

Queste previsioni assumono un significato assieme straordinario e terrificante. Potremmo essere, oggi, nella condizione di mettere in atto la svolta che cambierà il mondo, e non per modo di dire. Se falliamo, tuttavia, rischiamo di perdere per sempre la possibilità di salvare l’umanità. Rischiamo di non avere una seconda opportunità se anche questa volta, come ai tempi del 2008, lasceremo che tutto torni come prima.  

C’è bisogno di creare lavoro, di risollevare l’economia e al tempo stesso di tagliare drasticamente le emissioni. E ancora una volta, non si può fare a meno di stupirsi di quanto le migliori soluzioni ai problemi del clima, della sanità e dell’economia siano le stesse.

Pensiamo ad esempio al settore dell’energia: le energie rinnovabili sono di giorno in giorno più convenienti, anche se non ce ne accorgiamo ancora chiaramente a causa dei 19 miliardi di euro di sussidi ai combustibili fossili che paghiamo ogni anno affinché essi si mantengano accessibili in un’economia di mercato. Inoltre, esse hanno un potenziale occupazionale di gran lunga superiore rispetto a gas, petrolio e carbone, che in più comportano un pesante costo in termini di salute pubblica: secondo l’OMS, l’inquinamento atmosferico uccide 7 milioni di persone all’anno9. Una morte ogni otto, nel mondo, è causata dall’inquinamento. I due terzi dell’inquinamento sono a loro volta prodotti dalla combustione di fonti fossili10. Volendosi limitare all’Italia, secondo dati dell’Unione Europea ogni anno l’inquinamento uccide oltre 85.000 persone11. Passare alle energie rinnovabili, per il nostro paese, non vorrebbe dire soltanto tagliare le emissioni, non vorrebbe dire soltanto renderci indipendenti dall’energia che siamo costretti ad acquistare dall’estero: vorrebbe dire salvare vite umane già da subito.

Pensiamo al settore edilizio: gli interventi per abbattere i consumi attraverso l’isolamento rappresentano un’azione in grado di ridurre le emissioni e i costi per i riscaldamento degli edifici pubblici e privati. E i posti di lavoro derivanti da un grande piano nazionale di efficientamento energetico sarebbero sicuramente più di quelli creati attraverso la riapertura dei grandi cantieri, che qualcuno ha proposto come misura per la ripartenza già dai primi giorni di lockdown.

Pensiamo al settore dei trasporti: garantire mezzi pubblici economici ed efficienti a tutti non significherebbe soltanto tagliare le emissioni e lo smog, ridurre drasticamente il traffico. Collegare tutte le zone d’Italia – comprese quelle più isolate – tramite una rete di ferrovie totalmente elettrificate permetterebbe di restituire valore alle infinite meraviglie culturali e naturali del nostro paese, creando forme innovative di turismo persino in luoghi dove ciò non sarebbe stato prima concepibile.

Qualche volta noi attivisti per il clima veniamo descritti come degli ingenui sognatori, ma quando parliamo di riconversione ecologica siamo concreti come non mai.

In queste settimane abbiamo assistito ad una inaspettata rivalutazione della scienza. Nel momento della catastrofe, il governo italiano ha istituito un comitato tecnico-scientifico e ha più volte specificato che le proprie decisioni sono guidate dalle indicazioni degli esperti. Che sia del tutto vero o sia in parte una posizione di facciata, ciò sembra comunque aver indotto una rinnovata fiducia nel mondo scientifico anche da parte della popolazione.

È un segno tutto sommato rincuorante: ci mostra che quando un’emergenza è riconosciuta come tale, diviene naturale considerare il mondo scientifico come principale – se non unico – interlocutore, accettando di mettere in atto misure senza precedenti per evitare la catastrofe. Questo ci dà un piccolo barlume di speranza, ma con la speranza, da sola, non possiamo risolvere una crisi. Dobbiamo prepararci a lottare e a creare un’enorme pressione nei confronti delle istituzioni, affinché quest’occasione senza precedenti non venga ancora una volta vanificata.

Nell’affrontare l’emergenza del coronavirus siamo stati colti di sorpresa, ma siamo stati in grado di agire repentinamente. Con la crisi climatica accade invece il contrario: sappiamo bene quanto tempo ci rimane prima che sia troppo tardi per agire, ma siamo tremendamente in ritardo. Ai ritmi attuali di emissioni, il nostro carbon budget si esaurirà in meno di 8 anni12: ci resta poco tempo prima che sia inevitabile il superamento di 1,5 °C di riscaldamento globale, la soglia che i climatologi considerano il punto di non ritorno. Siamo entrati nel decennio cruciale per l’azione contro il cambiamento climatico. La folle curva di emissioni va capovolta già da quest’anno, e per sempre, o non saremo in grado di evitare scenari catastrofici.

Abbiamo la possibilità di pianificare con grande attenzione questa ricostruzione, senza lasciar indietro nessuno, e creando un mondo nuovo che metta al centro il benessere delle persone e degli ecosistemi da cui dipendiamo. La soluzione esiste, è conveniente dal punto di vista economico ed è in grado di portarci ad un futuro migliore per tutte e tutti, ma diverse circostanze ci hanno trattenuto dal metterla in pratica finora. Alcuni degli ostacoli che ci trovavamo davanti fino a ieri sono rimasti gli stessi – in particolare, gli interessi economici di pochi grandi aziende, che per tutelare il proprio profitto influenzano le decisioni dei governi a spese del bene comune. Altri, però, sembrano meno imponenti, come ad esempio i rigidi vincoli di bilancio che fino a pochi mesi fa non potevano essere piegati nemmeno di fronte alla minaccia della distruzione del pianeta, e che ora invece vengono tranquillamente messi da parte di fronte a ciò che viene sinceramente riconosciuto come un’emergenza.

Ci troviamo di fronte ad uno dei più grandi punti di svolta della nostra storia. Molti predicano un ritorno alla normalità. Ma tornare alla normalità vorrebbe dire tornare all’ingiustizia, al sistema economico che ha facilitato l’avvento di questa pandemia e che ci sta portando al collasso. Vorrebbe dire tornare al passato, e per sempre. Ciò che ci serve, ora, è un Ritorno al Futuro.

 

 

Filippo Sotgiu è studente di pianoforte e di matematica, ha 19 anni e vive a Roma.

 

 

 

1) https://www.huffingtonpost.it/entry/crisi-peggio-del-2008-sospendere-il-patto-di-stabilita-e-crescita_it_5e67da52c5b60557280cace4

2) https://www.qualenergia.it/articoli/20180626-energia-e-investimenti-la-bolla-del-carbonio-e-pronta-scoppiare-chi-perdera-di-piu/

3) https://www.ilpost.it/2019/09/21/migranti-climatici/

4) https://www.theguardian.com/global-development/2018/aug/23/tropical-disease-outbreaks-are-growing-threat-in-europe-as-temperatures-rise

5) https://www.lastampa.it/tuttogreen/2020/03/14/news/il-cambiamento-climatico-potrebbe-liberare-antichi-agenti-patogeni-1.38578773

6) https://valori.it/zurich-i-virus-colpa-del-clima-e-della-deforestazione/

7) https://www.wired.it/play/cultura/2020/03/09/coronavirus-david-quammen-spillover-intervista/

8) https://drawdown.org/solutions/table-of-solutions

9) https://www.who.int/news-room/air-pollution

10) https://www.reuters.com/article/us-climate-change-health/climate-change-hits-health-yet-funds-lacking-who-idUSKBN1Y711C

11) https://www.eea.europa.eu/it/pressroom/newsreleases/molti-cittadini-europei-sono-ancora/morti-premature-attribuibili-allinquinamento-atmosferico

12) https://www.mcc-berlin.net/en/research/co2-budget.html

 


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