Un periodo “speciale”

di Alessandro Ceschi

 

    A Pechino e nei territori in cui arriva la sua voce, si è sentita l’espressione “periodo speciale” (特殊时期) per descrivere il momento diverso da tutti gli altri che ha sconvolto il Paese fra metà gennaio e fine febbraio. Le sue cause esistevano già da prima, e le conseguenze si vivranno anche dopo, ma quei giorni rimaranno unici: gli agghiaccianti bollettini, aspettati ogni giorno con preoccupazione, come una pena dantesca senza fine; la morte di Li Wenliang, che ha dato forma a una rabbia sociale verso le istituzioni solitamente inespressa; la corsa dei medici di tutta la Cina verso Wuhan, con un progetto suggestivo che, in termini nostrani, equivarrebbe a dare a ogni regione italiana il compito di aiutare il sistema sanitario di una diversa provincia lombarda; economia ferma e popolazione in quarantena (rispettivamente la seconda e la prima per dimensioni al mondo); un mare di operatori di consegne a domicilio, rafforzato da manodopera proveniente da settori inattivi come la ristorazione; il diario di Fang Fang, forse la “voce diversa” che aveva invocato Li Wenliang per una società più sana. Dare a questa incredibile catena di eventi il sobrio nominativo di “periodo speciale” può sembrare un eufemismo. Con il significato di diverso, unico, il primo carattere in questa espressione — 特 — si trova anche nella denominazione di territori semiautonomi come quello di Hong Kong: sembra quasi un calmante lessicale da utilizzare in situazioni fuori dalla norma. (Prego i più sensibili politicamente di accettare quest’ultima frase come una mia semplice impressione linguistica.)

    Sarebbe stato impensabile chiamarla crisi, o tragedia, per una cultura che storicamente disprezza l’esplicito. Con radici nella tradizione degli spazi bianchi nella pittura cinese — 留白 — lasciare qualcosa di non detto è un segno di eleganza. È considerato volgare il contrario — 直白 — ovvero quello che succede in certi film americani che nel finale spiegano la trama con eccessiva chiarezza. Questa sensibilità per l’implicito si ritrova anche nel canone di bellezza femminile, che posiziona la donna dal comportamento riservato al suo apice; e nell’idea che sia saggio condurre una vita a basso profilo senza mettere in mostra la propria persona e i propri successi. (Si intende che questi sono caratteri culturali tradizionali, e che l’effettivo panorama di valori attuale è un insieme più complesso condizionato dai diversi contatti avuti con l’Occidente negli ultimi quarant’anni; ma sono comunque caratteri ancora presenti e riconoscibili nella coscienza collettiva.)

“Speciale”, nella maggior parte dei casi, non è un complimento. Al contrario della cultura americana, in cui fin da bambini si è spinti a mostrare il proprio essere unici, nel contesto cinese seguire l’esempio dei più è visto come una virtù civile.

    Gli eroi dell’America sono i Superman e i Batman, personaggi straordinari; quelli cinesi sono gli uomini comuni nei film di Jia Zhangke. Un’esistenza normale ha un valore intrinseco che non va confuso con il non degno di nota: rappresenta la consapevolezza dell’essere parte di un tutto, con cielo e terra come suoi confini, e il rispetto di questo ordine naturale — ordine che non è altro che la parola “dao” all’interno di “Daoismo”. In questo senso, “speciale” può essere letto come l’infrangere di un ordine più ampio che ha l’individuo come sua parte ed espressione, e quindi ignoranza o follia.

    Questo può aiutare a capire la generale diligenza con cui la popolazione cinese ha rispettato le misure di quarantena. Ovviamente, con la trasposizione del concetto di ordine naturale sopra citato alla sfera civile, si tende ad attribuire ai poteri istituzionali una sorta di infallibilità e giustezza assoluta, quasi divina, ed è facile intuire le problematiche che ne possono sorgere. Ma sono altri discorsi, che non dovrebbero farci mancare empatia, curiosità e rispetto per il modo di vivere di milioni di persone a noi lontane, ma, come le vicende recenti ci hanno dimostrato, anche molto vicine.

 

Alessandro Ceschi, 26 anni, studente, vive a Pechino

 

 

 



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