Per un Ritorno al Futuro

Dopo il Covid-19, gli effetti della crisi climatica – sistematicamente ignorata dalle istituzioni – rischiano di farci precipitare in un’emergenza ancora peggiore di questa. Ma c’è una soluzione: le strategie per contrastare il cambiamento climatico risolverebbero al tempo stesso molti problemi sociali contro i quali si combatte da decenni, oltre a prevenire nuovi rischi sanitari. Lo sentite? Il treno ha fischiatob All’improvviso ci siamo ritrovati confinati

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Cigni neri, carne rossa e divoratori di tutti i colori

Ormai la polemica tra Stati Uniti e Cina circa le responsabilità sull’origine della pandemia ha definitivamente assunto le forme della guerra psicologica, trasferendo il duello tra la “vecchia” e la “nuova” superpotenza dai dazi doganali alle accuse di aver provocato il contagio; a questo punto, quindi, il suo interesse è essenzialmente geostrategico. La vicenda invece della trasmissione del Covid-19 dagli animali all’uomo (zoonosi) rimane un interrogativo

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Una zattera per la fase 2

Ilaria Capua, la scienziata virologa italiana che lavora all’Università della Florida e che con il suo lavoro ha contrastato l’epidemia Aviaria del 2003, in una lezione tenuta per gli studenti liceali che si preparano per la maturità sulla piattaforma “Maestri d’Italia”[1], ha parlato del confinamento (lockdown) come di una “zattera in cui tutti siamo saliti” ma ancora non sappiamo per arrivare dove.
La zattera è una formidabile metafora per indicare che siamo saliti

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Radicalizzare la quarantena

In un contatto – rigorosamente digitale – di questi giorni, un corpo amico in quarantena mi ha confidato una paura nuova, scaturita da questa condizione di isolamento: paura di avere un proprio tempo non più pubblico, senza compiti definiti, a difesa della propria incolumità, in qualche modo più libero ma, proprio per questo, inquietante. Condivido questa inquietudine, come credo molti di noi, e a partire da essa, consapevoli che potremmo essere approssimativi e poco lucidi, possiamo porci alcune domande sulla nostra condizione, sapendo che potrebbero rimanere senza risposta, così come i tracciati che apriremo senza poterli percorrere fino in fondo. Eviteremo le discussioni su non troppo definiti stati di eccezione, questioni mediche et similia, chiedendoci da dove proviene questo nuovo modo di vivere, di cui prendiamo atto, e se ci mostra qualcosa.

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Dentro un’attesa surreale

Voglio prendere alla lettera il sottotitolo del vostro sito, e cercare di costruire un dialogo, una interlocuzione diretta, con alcuni tra i primi interventi che avete pubblicato su L’antivirus. Partirò dal denso testo di Carmine, che pone sul tappeto con chiarezza una serie di problemi di diversa portata, a partire dalla gestione della pandemia in corso. Al primo posto la questione sanitaria e dunque la necessità di tener conto oggi e in futuro, come lui dice, “della geografia e della storia” del nostro sistema sanitario, che – con la sua articolazione territoriale drammaticamente disuguale – decide della vittoria o della sconfitta della medicina sulla malattia. In discussione sono anche le decisioni governative per contenere la dinamica di espansione del virus, che hanno portato a una assolutizzazione del blocco totale della mobilità sociale.

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Pandemia e resilienza filosofica

Dare un nome alle cose rientra fra i privilegi di noi esseri umani. Forse aiuta anche a placare qualche ansia. E di sicuro a classificare i fenomeni del mondo che ci circonda: a orientarsi meglio tra le loro sollecitazioni. Eppure, proprio questo privilegio oggi sembra essere soltanto un’ulteriore conferma di quanto sia grave la crisi in cui un virus è stato in grado di precipitare il mondo intero: più capisci e classifichi le cause e le conseguenze di questa pandemia da Covid-19; più cominci a orientarti nello scenario planetario che essa sta delineando e più la tua ansia invece di placarsi si accresce. Fino a farti sentire con chiarezza che proprio a questa pandemia possiamo reagire in modo costruttivo soltanto facendo nostro l’ammonimento consegnatoci da Goethe in una delle sue Massime e Riflessioni: «E’ difficile venire a capo degli errori del nostro tempo: se si prendono di petto si rimane soli; se ci si inchina di fronte a essi non se ne ricava né onore né gioia» (TEA, 1988, n. 440).

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